Un vaccino per il mondo

Si stima che i vaccini per il COVID-19 abbiano salvato decine di milioni di vite. I loro benefici, però, non sono stati equamente distribuiti: squilibri tra domanda e offerta, nazionalismi, penuria di fondi e problemi logistici hanno reso difficile l’utilizzo nei Paesi a basso reddito dei vaccini a RNA, che sono coperti da brevetti, richiedono tecnologie complesse e costose in fase di produzione, e infrastrutture efficienti per conservazione e distribuzione. Anche rimuovendo per magia tutti gli ostacoli di proprietà intellettuale, sarebbe impossibile produrli e metterli rapidamente a disposizione di tutti coloro che ne hanno bisogno. C’è un vaccino, però, altrettanto sicuro ed efficace, che consente di superare molti di questi ostacoli. È un vaccino che si chiama Corbevax, realizzato con una piattaforma consolidata anziché di frontiera (contiene una proteina ricombinante invece di uno stampo di RNA o DNA); è tecnologicamente alla portata di Paesi produttori ed esportatori di farmaci come l’India, è termicamente stabile e per di più è libero da restrizioni commerciali. Progettandolo e offrendolo a scienza aperta, Maria Elena Bottazzi e Peter Hotez hanno stabilito un precedente che rappresenta una pietra miliare per l’equità di accesso alla salute in un mondo ancora diseguale. Questa storia esemplare merita di essere inclusa tra le lezioni della pandemia, che rischia di protrarsi nel tempo anche per l’emergere di nuove varianti in regioni povere e sotto-vaccinate.